martedì, marzo 29, 2016

Il tempo dell'attesa

Ieri sera ero a casa dei miei genitori e due delle mie sorelle, delle quali per pudore non farò nome :-), guardavano l'isola dei famosi. C'erano tutte 'ste sgallettate seminude, giovani e saltellanti, veline, vallette, attrici, modelle o Dio solo sa cosa. E sembravano tutte avere la faccia di plastica, la stessa faccia di plastica che mostravano anche le non più giovani e sgallettate Alessia Marcuzzi e Simona Ventura.
Le nostre giornate sono giornate di attesa: anche quando non ci sembra di aspettare niente, in realtà lo stiamo facendo. Stiamo aspettando il fine settimana, stiamo aspettando l'ora di poterci coricare, quando abbiamo fame aspettiamo di poter mettere qualcosa sotto i denti, aspettiamo il bus che ci riporterà a casa e quello che ci accompagnerà al lavoro. Aspettiamo una telefonata, un messaggio, a volte solo una notifica di lettura, aspettiamo che la pasta sia cotta, aspettiamo che inizi il nostro programma preferito in tv. E in tutto questo aspettare non ci rendiamo conto che intanto invecchiamo, giorno dopo giorno. Non so perchè il verbo invecchiare ci sembra sempre avere un'accezione negativa: si invecchia e poi si deve correre ai ripari per nascondere i segni delle attese sul nostro viso e sul nostro corpo, quando dovremmo andarne fieri.
Forse è solo questione di punti di vista: se ci siamo limitati ad aspettare qualcosa senza vivere davvero vogliamo nascondere tutto e quello zigomo gonfiato ci aiuterà a vederci ancora giovani nello specchio, ancora pieni di quella vita che intanto giorno dopo giorno è passata, senza che ce la potessimo davvero godere.
Certo, come ho già detto, ci sono attese belle e altre più impegnative, ci sono attese che ci tolgono il sonno, l'appetito, il fiato e altre invece che sono dolci e lente e cullano le nostre giornate. Non è semplice districarsi tra tutti questi tempi morti, ma in fondo lo facciamo da sempre, da quando siamo nati, quando aspettavamo di conoscere i nostri genitori, quando aspettavamo che la mamma ci prendesse in braccio, quando aspettavamo che il babbo ci facesse il bagnetto.
In questi ultimi sei mesi di quella che doveva essere una dolce attesa non riesco a ricordare, pur sforzandomi, una bella attesa. E quelle poche di cui ho memoria si sono rivelate poi attese di bei momenti che sono durati un attimo. Ho aspettato che mia sorella uscisse dalla sala operatoria, ho aspettato che si riprendesse, ho aspettato che la mia famiglia venisse a trovarmi e poi per settimane ho aspettato che mi tornasse l'appetito e non era solo colpa della gravidanza. Ho aspettato il disgelo e avrei voluto che Natale non arrivasse mai. Ho aspettato con ansia la prima eco, mi ero convinta che qualcosa non stesse andando bene e quando finalmente sono uscita dall'ambulatorio insieme a mio marito, per la prima volta dopo mesi, mi sembrava di volare.
Ho aspettato il risultato di esami, ho aspettato visite, ho aspettato che finisse l'inverno, ho aspettato di nuovo che uscisse il chirurgo, ho aspettato di poter vedere dal vivo mia sorella, di sentirla parlare e di vederla sorridere e adesso aspetto di sapere quali saranno i prossimi passi. E intanto aspetto che arrivi domani, che la iena si faccia il suo primo pomeriggio all'asilo e in mezzo a tutte queste attese mi piacerebbe sperare che quella dei prossimi tre mesi sia davvero dolce.
Mi piacerebbe pensare davvero a questa pancia che cresce, contare i giorni che mancano alla prossima (e ultima) ecografia, godermi la gita a Milano di giovedì prossimo, tentare di cucire un sacco nanna e preparare un po' di sacchi di stoffa che la iena userà alla scuola materna a settembre. Andare a farmi fare qualche preventivo per la cameretta dei nostri topini. Fare tutte quelle cose che fanno le altre mamme con la pancia insomma.
Quando sarà passata questa settimana, forse, potrò iniziare a farlo. Almeno fino alla prossima attesa.

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