mercoledì, ottobre 28, 2015

Nella cartella delle bozze conservo gelosamente da ormai 10 giorni un altro post sui rifiuti, ma ancora non lo riesco a concludere. Sono giorni in cui mi sento poco ispirata, probabilmente perchè la testa è piena di altri pensieri, la forma fisica non è proprio al top del top e questo tempo autunnale certo non aiuta.
Allora l'altro giorno, mentre indossavo il mio giaccone, cercavo di ricordare l'ultimo giorno di estate, l'ultima volta in cui sono uscita con una tshirt senza portarmi dietro neanche una felpa, l'ultimo giorno di sole vero. Per cercare di ricostruire da lì l'arrivo dell'autunno. Ma niente, non mi ricordo assolutamente quando ho deciso che era giunto il momento di coprirsi di più. E'così tutti gli anni, tutti i cambi di stagione, una mattina ti svegli e decidi che è ora di vestirsi di più o di meno, è una cosa che pensi arrivi piano piano e invece è succede da un giorno all'altro. Il giorno prima il giaccone è nell'armadio, dentro il sacco della lavanderia, e il giorno dopo lo trovi nell'attaccapanni per poterlo usare tutti i giorni.
E qui arriva il secondo passaggio: e quando si passa dalla giacca da mezza stagione a quella invernale? La piccola iena, ad esempio, è dotata di ben 4 capi spalla: 2 molto simili, con l'esterno impermeabile e la fodera di micropile, taglio un po' da giacca da motociclista. Uno è arancione ANAS, l'altro è stampato con una texture tipo jeans chiaro. Poi ha un piumino (però sintetico) di quelli che diventano piccoli piccoli e si infilano in un sacchettino, verde, con il cartellino ancora attaccato.
E un giaccone di velluto blu super imbottito che ancora mi sembra davvero esagerato. Il similpiumino invece forse sarebbe già adatto alla stagione, ma in base a cosa decido?
Arriva sempre il giorno in cui bisogna cambiare qualcosa, una mattina ti alzi e decidi che è ora di tirare fuori il piumino, che è ora di tagliarsi i capelli, che è ora di cambiare qualcosa della nostra vita che inizia a starci stretto. Quando fa freddo ci si copre, quando fa caldo ci si scopre, ma quando ci stiamo stretti cosa si fa? Ci si allarga?

lunedì, ottobre 12, 2015

Se, come ho già scritto, al primo posto c'è sempre la R di ridurre, al secondo posto c'è sicuramente la R di riutilizzare.
C'è una canzone dei Mercanti di liquore che si chiama "Apecar", se non la conoscete ascoltatela, vi lascio il link al video qui sotto. Racconta la storia di quest'uomo che ha passato la sua vita su un'ape, in giro per il paese a raccogliere i rifiuti e che un giorno, tra i rifiuti, farà un incontro molto speciale. Ad un certo punto dice
buttano le cose che bastava riparare
buttano le cose per poterle ricomprare
e trovo che queste due righe descrivano alla perfezione un modus operandi che ormai è entrato nelle nostre case, spesso senza che neanche ce ne accorgessimo.
Avete mai sentito parlare della lampadina della caserma dei vigili del fuoco di Livermore, California? La lampadina la potete vedere ancora accesa qui, dal 1901. Oggi ovviamente sottoalimentata per conservarla in vita, a ricordarci che una volta le cose erano fatte per durare. Oggi solo un diamante è per sempre. Tutto il resto si è rotto, si sta per rompere o si romperà. Si chiama obsolescenza programmata, un modo un po' pomposo per dire che ogni cosa che acquistiamo porta dentro di sè una data di scadenza. A tal proposito vi consiglio la visione di questo documentario che ho avuto il piacere di scoprire nel 2011 durante Cinemambiente, la cui 18esima edizione si è conclusa proprio ieri.
Ma torniamo a noi: gli oggetti che acquistiamo invecchiano e si rompono molto prima di quanto ce lo potessimo aspettare e, nella maggior parte dei casi, la riparazione e il successivo riutilizzo sono nella realtà impraticabili per una mera ragione economica.
Se acquisto un paio di calzini ad un euro e al quarto lavaggio hanno già un buco, quale convenienza ho ad aggiustarli, quando ne posso acquistare un paio nuovo sganciando un altro euro? E quanto durerebbe comunque quella riparazione, se sono bastate poche ore ai piedi e qualche lavaggio in lavatrice per logorarli?
Trova calzino e sostituisci con qualsiasi altra cosa e capirete bene che quello che dice la canzone è vero: in molti casi buttiamo quello che bastava riparare e lo facciamo, sotto sotto, anche per poterlo ricomprare.
La questione poi diventa davvero drammatica quando parliamo dei cosiddetti RAEE, i rifiuti elettrici ed elettronici, che nel corso degli ultimi anni hanno visto una crescita vertiginosa nella produzione.
Insomma, riparare, riutilizzare, riconvertire e trasformare sono parole che non fanno più tanto parte del nostro vocabolario e i motivi sono tanti. Non abbiamo più tempo e voglia da investire nella cura delle nostre cose, è sicuramente più facile accantonare e buttare. E questo, unito alla sempre maggior complessità del mondo che ci circonda, ha fatto sì che non siamo più capaci di farlo.
Come uscirne allora? Come cercare di fare del nostro meglio anche alla voce riutilizzo? Sembra superfluo, ma lo dico: la prima cosa da fare è tornare alla R dell'altra volta e pensare alla reale necessità di un articolo al momento dell'acquisto. Ho davvero bisogno di cambiare smartphone ogni 3 mesi? Ho davvero bisogno di acquistare l'ennesima tshirt-straccetto in un negozio di abbigliamento low cost? Ho davvero bisogno di un tablet, di un pc, di una macchina per il pane, di un abbattitore per fare i dolci come a bake off etc etc? Perchè in cuor nostro già sappiamo che, quando questi oggetti si romperanno, guarda caso quasi sempre allo scadere della garanzia, difficilmente li ripareremo, più verosimilmente li butteremo. Alla faccia del riutilizzo.
L'abbigliamento forse è quel rifiuto che ci invita più di tutti al riutilizzo: oggi è possibile comprare e vendere articoli usati in moltissimi modi. Peccato che, nella stragrande maggioranza dei casi, acquistiamo capi di abbigliamento che non sono stati pensati per una catena virtuosa di usato, ma piuttosto per essere indossati per una stagione e poi buttati.
Ecco allora qualche idea di riutilizzo semplice e banale presa direttamente dalla vita di tutti i giorni:
- se fate la spesa al mercato portatevi dietro i sacchetti di carta in modo da utilizzarli più di una volta
- non arrendetevi di fronte alla prima spia lampeggiante: internet può darvi una mano a capire cosa sta succedendo al vostro elettrodomestico, magari è una sciocchezza e non serve comprarne uno nuovo
- i fogli di carta hanno due facce: usatele entrambe
- gli scarti della cucina e gli avanzi hanno sempre una nuova vita: una brava massaia sa come presentare in tavola le cose del giorno prima facendole sembrare un piatto da gourmet (stasera polpette di verdure fatte con gli avanzi del brodo di ieri, oh yeah)
Mi riservo di aggiungere cose nuove quando me ne verranno in mente e ovviamente non vedo l'ora di leggere le vostre idee qui sotto nei commenti.


sabato, ottobre 10, 2015

Casco, luce, specchietto e paletta,
la mia attrezzatura è di certo perfetta.
Le ruote son gonfie, lo sterzo è diritto
i pedali sono saldi, del sole approfitto!
Non manca niente, son pronta a partire:
la strada mi attende, tornerò all'imbrunire.
Quand'ecco che tutto accade in un lampo:
ero in piedi tranquilla, ora son sull'asfalto.
"Ma cosa è successo, la strada è dritta,
non un semaforo, neanche si slitta!"
Povera ciclista: a tutto pensava,
ma non all'auto che sul ciglio parcheggiava;
l'automobilista scendeva col naso per aria
e con la portiera ti ha stesa - ahia!

lunedì, ottobre 05, 2015

Nella mia vita di prima, quella in cui ero solo donna e non ancora mamma, amavo leggere; leggevo tantissimo e il fatto di non avere un'auto mi permetteva di avere un sacco di tempi morti tra attese di bus e viaggi sui mezzi: tempi morti da investire, appunto, nella lettura.
Da quando è arrivata la piccola iena il tempo per la lettura si è purtroppo ridotto drasticamente. Anzi no, il tempo per la lettura è rimasto più o meno lo stesso, ma viene investito quasi tutto nella lettura di libri per bambini; la soddisfazione è davvero tanta, soprattutto perchè l'erede sembra amare la lettura almeno quanto la mamma e il babbo.
Quest'estate abbiamo allestito un piccolo orticello sul balcone e, con l'occasione, avevo comprato alla iena questo libro edito da Editoriale Scienza; lui è sicuramente ancora piccolino per poterlo apprezzare a pieno, però gli piace molto, per quello che riesce a comprendere.
Il libro inizia parlando dell'attesa: bisogna aspettare 9 mesi perchè nasca un fratellino, 3 stagioni perchè torni l'estate, un anno intero prima che arrivi il proprio compleanno, poi si aspettano gli amici, si aspettano i nonni, si aspetta che arrivi qualcosa di bello, ... e si aspetta che i semini di ravanello germoglino e che il ravanello cresca sotto terra. Ci vuole pazienza. E il libro contiene una storia al giorno per i 20 giorni circa che ci vogliono per fare crescere la piantina di ravanello.
E' difficile spiegare ad un bimbo la pazienza, il concetto di tempo nella loro testa ancora non è ben formato e non capiscono che se il babbo è in ufficio e sono le 9 del mattino occorrerà aspettare altre 9 ore prima di vederlo a casa. O che per arrivare a fare qualcosa che ci piace bisogna aspettare. Tipo quando l'altalena al giardinetto è occupata e bisogna aspettare il proprio turno. O saturno, come dice la piccola iena in orbita.
Le attese sono sempre difficili, è complicato cercare di mantenere la testa libera mentre si aspetta una cosa, bella o brutta che sia. Nella sala d'attesa del dentista pensiamo "non vedo l'ora di essere a casa", mentre a volte vorremmo che il gruppo spalla non smettesse mai di suonare perchè quando il nostro cantante preferito inizierà il concerto partirà anche il conto alla rovescia per la fine dello stesso.
Io faccio le valigie il giorno prima di partire per le vacanze: passo giorni e giorni a scrivere check list e a pensare a tutto quello che mi potrà servire, ma non riesco a sopportare l'idea di tenere la valigia aperta in corridoio per più di 24 ore. Fare la valigia vuole dire essere già in vacanza e l'attesa ulteriore mi ucciderebbe. Questo perchè non sono capace di aspettare, le cose belle cerco di incantarle nello spazio/tempo e quando arrivano mi sembra di non essermi mai preparata a sufficienza; le cose brutte invece arrivano sempre dopo attese logoranti e difficilmente passano in fretta.
E poi ci sono le attese delle cose che fanno preoccupare, che sono sicuramente le peggiori. E questa notte e la mattina di domani saranno logoranti: cercherò di non pensarci, di fare finta che la giornata inizi con la solita colazione e poi correre dietro alla piccola iena e goderci un po' questa città, che poi sarebbe proprio la mia città. Faremo finta che sia un normale lunedì di ottobre, ma non sarà così.
Perchè domani sarà il giorno dell'attesa e io non credo di essere pronta, ammesso che si possa essere pronti ad aspettare che il chirurgo esca dalla sala operatoria e dica che l'intervento si è concluso. A maggior ragione se sul tavolo operatorio ci sarà tua sorella.
E allora si aspettano 9 mesi perchè nasca un fratellino, si aspettano 3 stagioni perchè torni l'estate, si aspetta un anno perchè arrivi il proprio compleanno, si aspetta il Natale, si aspetta che smetta di piovere... e si aspetta di tornare a respirare normalmente dopo aver trattenuto il fiato.