sabato, novembre 07, 2020

Questo tempo così diverso da quello a cui eravamo abituati, queste giornate da riempire di cose restando tra queste 4 mura mi stanno regalando tanto tempo per pensare a cose. E come sempre anche questo sproloquio che sto per fare è stato scatenato da un dialogo avuto a distanza, che mi ha fatto pensare tanto a che tipo di genitori siamo e che tipo di genitori abbiamo avuto.

Ho tanti ricordi di me da piccola, della mia famiglia, dei miei nonni, delle cose che facevamo insieme: da questi ricordi credo di poter estrapolare alcune osservazioni sull'ambiente in cui sono cresciuta. Non ho ricordi di giochi fatti con mio babbo, ad esempio, mentre mi ricordo dei pomeriggi passati con lui a sistemare piccole cose in casa, dalla messa in servizio della piscina che avevamo in giardino alla sostituzione della lampadina nell'applique che avevamo giù dalle scale a chiocciola. Ricordo tanto tempo passato in casa con le mie sorelle, ricordo tanti posti visti durante le vacanze, mentre non ricordo assolutamente di essere mai andata a giocare al giardinetto. Ricordo la sensazione di cosa nuova le prime volte che ho preso un treno o un autobus.

Dei miei nonni paterni ricordo la tavola attorno alla quale ci riunivamo coi miei zii e i miei cugini ogni fine settimana, dei miei nonni materni ricordo una casa grandissima e le giornate trascorse con loro al mare, quando mio nonno andava a fare il bagno vicino agli scogli e io stavo sotto l'ombrellone con mia nonna a giocare all'impiccato sulla sabbia usando un bastoncino di legno. Mi ricordo che usava una ciabatta per schiacciare la sabbia bagnata in modo da creare una superficie liscia adatta a giocare. Della mia nonna paterna ricordo i pomeriggi passati in taverna a fare i compiti mentre lei stirava.

Queste sono alcune delle cose che ricordo della mia infanzia e credo raccontino un po' di me: ho passato la maggior parte del mio tempo in famiglia, con i miei genitori e le mie sorelle. Giocavo molto con loro, mentre i miei genitori ne stavano sempre un po' fuori: mio babbo è sempre stato molto preso dal lavoro, mia mamma si è sempre occupata della gestione della casa e dei figli e ha avuto il suo da fare. So che la iena e il guerriero avranno altri ricordi di me e del programmatore e anche dei loro nonni, ricordi diversi dai miei, ed è giusto così.


L'anno scorso a "Fa' la cosa giusta" ho comprato un poster allo stand di Uppa, non riesco a trovare nessuna foto in rete, così vi beccate la mia foto brutta qui sotto.




Senza arrivare alla spiegazione del detto popolare, se penso alla mia famiglia e al concetto di cura non riesco a non pensare alla tavola: il posto attorno al quale ci è sempre piaciuto radunarci, dove c'è sempre un coperto per chi arriva all'ultimo minuto, amici o parenti che siano. A tavola si festeggiano i compleanni, le cose belle che meritano di essere celebrate, ma è anche attorno alla tavola che ci si ritrova nei momenti tristi, per ricordarci che quel tatuaggio che ci siamo fatti tutti quanti sulla pelle è vero, che siamo famiglia e nessuno rimane solo o dimenticato.

Perché ho deciso di scrivere adesso tutte queste cose? Perché ci penso da giorni: questo tempo così sospeso nell'incertezza del domani e in cui ci viene chiesto di restare distanti ma uniti non è facile, soprattutto per chi, come noi, è proprio in quella vicinanza gomito a gomito, tra un piatto di pasta e una fetta di pane, che ha sempre cementato l'essere Famiglia.

venerdì, ottobre 16, 2020

 Ieri la iena è tornata a casa da scuola con lo zaino pieno di fogli: disegni, messaggi dai suoi compagni di classe e lui, il Sondaggio.

Aveva fatto un sondaggio tra i suoi compagni di classe e, come metodo scientifico richiede, aveva poi anche redatto un report dettagliato sulla distribuzione delle risposte, con tanto di conclusioni. La premessa doverosa a tutto questo è che né io né il programmatore l'abbiamo mai avviato a questa attività, è stata una sua idea, nata chissà come. Non è nuovo a questo genere di cose, ma io dopo 7 anni e mezzo ne rimango affascinata ogni volta.

Tema del sondaggio: il veicolo preferito in mario kart? La novità più attesa del catalogo Lego? Il giocattolo più richiesto a babbo natale? No: l'esistenza di Dio. O meglio: credi in Dio o nel Big Bang?

La iena non si limita ad un sì o un no, deve contrapporre qualcosa a Dio e lui ha deciso che questo qualcosa è la scienza: o sei dalla parte di Dio o sei dalla parte di Big Bang insomma. Mi piacerebbe avere le competenze per poter leggere meglio tra le righe di questo suo ragionamento, come farebbe un professionista e non una mamma.

Il risultato del sondaggio comunque è stato il seguente: 5 per Dio e 9 per il Big Bang e la conclusione che ha scritto la iena sotto le caselline colorate è stata: ciò che ci circonda è scienza, tutto l'universo è scienza.

Mi disarma davvero questa sua cieca fiducia nella scienza e nella tecnologia, soprattutto nel momento storico che stiamo vivendo: mai come oggi ognuno di noi ha bisogno di appigliarsi a qualcosa. A Dio, alla scienza, alle parole di qualcuno che ci dà fiducia, alle affermazioni di chi dice ciò che ci piacerebbe sentire: è umano.

Chi ci tirerà fuori da questa situazione, Dio o la scienza? Razionalmente so che non arriverà qualcuno con la bacchetta magica e so che, dopo aver potuto un po' tirare il fiato nei mesi scorsi, ci aspettano ancora molti giorni difficili, ma, ora come ora, non mi sembra proprio di vedere una luce in fondo al tunnel. Per sopravvivere allora ognuno si aggrappa dove può: Dio, i numeri, il cieco ottimismo o il cieco pessimismo, la medicina, le pseudoscienze, il complotto planetario: c'è spazio per tutti. A cosa mi appiglio io? Mi piace pensare che la scienza continuerà a darci una mano, come ha fatto in questi mesi: sbagliando a volte, ma procedendo supportata da evidenze e studi, consapevole del fatto che quello che sappiamo oggi domani potrebbe non essere più vero. E non perché qualcuno prima si fosse sbagliato, ma semplicemente perché abbiamo aggiunto un tassello al puzzle, accorgendoci di qualcosa che prima non potevamo sapere.

Ecco cosa avrei risposto al sondaggio della iena: il Big Bang ha sicuramente dato inizio a tutto quanto, credo nel Big Bang. Però come essere umano non riesco a non pensare a quello che c'era un attimo prima della grande esplosione e a come fosse arrivato proprio lì e proprio in quel momento.


mercoledì, luglio 15, 2020

L'altro giorno abbiamo inforcato le bici (la iena ormai viene con la sua, la taga la usiamo solo io e il guerriero) e siamo andati al giardinetto ad aspettare il programmatore che tornava dall'ufficio,  anche lui in bicicletta.
Non c'erano tanti bimbi, giusto un paio, ma vorrei parlarvi di quello con cui hanno giocato di più i miei figli. Era lì con la nonna, la temperatura esterna si aggirava intorno ai 30° e lui aveva una camicia a maniche corte, un paio di jeans, i calzini e i sandali. Correva e si rotolava sui giochini insieme alla iena e al guerriero, quando ad un certo punto si è avvicinato alla nonna cercando di togliersi la camicia. La nonna gli ha intimato che, se se la fosse tolta, sarebbero tornati a casa.
La iena si lascia vestire tranquillamente, basta preparagli le cose in vista e se le mette senza fare tante storie, quasi sempre dal verso giusto. Il guerriero invece detesta i bottoni, tutto quello che ne ha almeno uno in dotazione viene automaticamente catalogato come "elegante" e quindi inadatto a qualsiasi attività lui voglia svolgere. Vivrebbe in tuta insomma: l'unica camicia che sono riuscita a fargli indossare è stata quella che aveva al matrimonio di mia sorella la scorsa estate, l'ha vestito il programmatore per l'occasione e non penso sia stato facile.
Mi ha fatto molta tenerezza questo bimbo con la camicia e i jeans al giardinetto al mese di luglio, ingessato in un guscio che non era chiaramente il suo. Ha provato ad uscirne ed è stato immediatamente redarguito col peggiore dei ricatti "la camicia o il giardinetto". Ho pensato a quante volte ingesso i miei figli in qualcosa che non sentono loro solo perché penso che in quel momento sia la cosa migliore (voglio pensare che la nonna l'abbia vestito così perché prima del giardinetto avevano avuto altri impegni più mondani), ai loro modi di farmi intendere che no, non è quello che vogliono: alla iena che fa il sassolino e al guerriero che inizia a lanciare tutto quello che è a tiro, che ti guarda e dice "ehnnnnno". Al ricatto che inevitabilmente mi esce dalla bocca perché a volte sembra l'unica arma a mia disposizione di fronte al muro di gomma, magari dopo una lunga trattativa sindacale conclusa in un niente di fatto. A come si fa a spiegare ad un bambino che poi, nella vita, la camicia a volte dovrà tenerla addosso anche quando vorrebbe mettersi il costume da bagno e non potrà fare il sassolino o smontare l'ennesima astronave Lego per farsi ascoltare da qualcuno.
Poi però ti ricordi che sono bambini, l'estenuante trattativa sindacale porterà sempre ad un nulla di fatto, mentre magari un cambio di prospettiva può salvare la giornata -e la camicia. In un giardinetto in riva al Po, ad esempio, camicia e jeans ti possono salvare dall'avanzata dell'esercito di zanzare che verso le 17,30/18 inizia la sua cavalcata tra gli scivoli e le altalene: chissà come sarebbero andate le cose se la nonna avesse usato le zanzare invece del solito ricatto.

lunedì, luglio 13, 2020

Questa mattina sui social è tutto un fiorire di in bocca al lupo agli studenti che, in questo 2020 così pazzo, si troveranno ad affrontare un esame di maturità come non era mai successo.
Quest'anno non ci sarà il solito scambio di opinioni con la mia amica di sempre sui titoli di temi e "e tu cosa avresti scelto?", non potrà uscire una versione di latino tipo quella di allora: i maturandi avranno un esame decisamente diverso da quello che fu il nostro, venti anni fa.
Il mio problema con la maturità è che mi sembra di aver sostenuto l'esame il mese scorso, ed è così da 20 anni: ho 19 anni da 20 anni praticamente.
Non sono mai stata una studentessa modello, gli anni del liceo sono stati intensi, ho coltivato le mie passioni e ho dedicato decisamente più tempo ad altro che non allo studio, almeno per quel che riguarda le materie che a fatica mandavo giù. Ancora oggi sogno il rientro a scuola a settembre e la paura di non ricordare più nulla di tutto quello fatto l'anno prima, di non essere più in grado di tradurre una sola riga del primo compito in classe dell'anno.
Mi ero però messa in testa una cosa: alla maturità dovevo fare una figura decorosa e ho deciso di impegnarmi molto per perseguire il mio scopo. Avevo preparato una tesina molto carina e in linea con i miei interessi, avevo studiato molto e mi ero esercitata, sapevo di poter fare bene. Di tutto quello studio il ricordo che mi resta è soprattutto quello passato con i miei compagni di classe, coi quali ho condiviso gioie e dolori, appunti e riassunti, momenti di tensione e risate, la voglia e il bisogno di farcela insieme a superare questo scoglio. Perché in fondo per me era quello, uno scoglio da superare per arrivare al mare aperto, a quello che sarebbe stato della mia vita: cosa sarei diventata? Cosa avrei voluto per me? In fondo in quel preciso momento, in quel mese di giugno 2000 era ancora tutto da scrivere, era solo energia potenziale.
Quest'anno mi sarebbe piaciuto molto ritrovare i miei compagni di classe, sarebbe stato bello scoprire dove ci ha portati la vita in questi 20 anni. Di alcuni ho completamente perso le tracce, di altri so qualcosina, altri ancora sono le amiche di sempre: tutti ormai siamo diventati grandi, una cosa che 20 anni fa sembrava così lontana nel tempo e invece adesso è già qui.
In bocca al lupo agli studenti del 2020: credo che la me diciannovenne avrebbe sofferto molto la situazione in cui vi siete trovati. L'ultimo anno del liceo per me è stato soprattutto relazione, prima ancora che studio e nozioni; è stato l'anno in cui ho capito che forse è vero che nessuno si salva da solo.

(Sì, lo so avrei dovuto cliccare su "pubblica" un mese fa, quando l'ho scritto. Mi sembrava mancasse un finale e invece, rileggendolo oggi, mi sembra perfetto così)

venerdì, marzo 13, 2020

Avrei voluto scrivere di primavere, di pic nic al parco, di aria di vacanze e di molto altro, ma non ci riesco perché le mie giornate- le nostre giornate- non sono più quella cosa lì ed è difficile per me ricordare il tempo in cui potevo caricare i bambini sul bus per andare a fare i turisti per Torino, i tempi in cui uscivamo di casa in ritardo per la scuola, i tempi in cui dovevo alzarli dal letto con le cannonate. Quanto tempo è passato da allora? Quanto tempo passerà prima che ritorni tutto questo?




E' da ieri mattina che ho in mente questa cosa, il film sono anni che non lo rivedo e magari una di queste sere provvederemo, però credo che abbia molto a che vedere con questo isolamento forzato. Nessun uomo è un'isola e mai come adesso ce ne rendiamo conto. La cosa che però mi sta frullando per la testa è che, forse, nella vita di prima eravamo tutti delle isole: talmente assuefatti dalle nostre giornate da non desiderare altro che il divano e Netflix arrivati a sera. Dov'era questo bisogno di uscire, di tornare ad essere sociali? Non lo avevamo forse perso quando abbiamo iniziato ad avere una vita sociale solo attraverso i social? E' paradossale come adesso proprio quei social stiano diventando la piazza del Paese e tutti siamo improvvisamente desiderosi di sederci ad una panchina per far parte di questa nuova movida asettica.
Alla fine è lo stesso stato d'animo, la stessa sensazione di cui avevo parlato qui, quando vi raccontavo della mia dieta: magari non ce n'è mai importato niente del fritto misto di pesce, ma solo sapere di non poterlo mangiare come, quando e quanto ci pare lo rende ai nostri occhi desiderabile come nient'altro. Finiamo per pensare solo a quello.

E' vero, torneremo ad uscire, torneremo ad abbracciarci (che poi, parliamone, avevamo tutta questa voglia di abbracciarci? non sono mai stata una persona particolarmente propensa alle manifestazioni di affetto), a viaggiare, a vivere la nostra vita di prima, ma probabilmente con una consapevolezza nuova: quella di avere davvero tanto e di averlo dato troppo spesso per scontato.

giovedì, febbraio 06, 2020


Per il mio compleanno il programmatore mi ha regalato un nuovo bollitore elettrico: quello vecchio iniziava ad avere i suoi anni, le parti in plastica si stavano ingiallendo e adesso ne ho uno nuovo fiammante che controlla la temperatura e la mantiene su richiesta. Dove ho messo il bollitore vecchio? Funzionava ancora e buttarlo senza dargli una possibilità mi dispiaceva, così l'ho fotografato e l'ho messo su questo sito qua: tempo un giorno mi hanno contattata e adesso continua a scaldare acqua in un'altra cucina.

E' domenica, il programmatore avvita la bottiglia nel gasatore per fare le super bolle, si sente un crack e la plastica del pulsante del nostro sodastream si rompe. E' una cosa da niente, basterebbe cambiare il pezzo del pulsante, l'oggetto ha ormai 4 anni e non è più coperto da nessuna garanzia, ma non mi arrendo. Contatto l'assistenza clienti per chiedere se vendono i ricambi e come posso fare per sistemarlo, perché tutto sommato è ancora perfettamente funzionante e mi dispiacerebbe buttarlo. Nel giro di una settimana mi spediscono a casa (gratis) il pezzo che si è rotto.

La iena e il guerriero sono super appassionati di Playmobil, negli anni abbiamo accumulati svariati set, ma abbiamo anche rotto/smarrito diversi accessori. Sono a casa in attesa del corriere: la iena aspetta con ansia il pacchettino contenente i nostri ricambi acquistati dall'apposita sezione del sito, perché anche i giochi si possono aggiustare.


E lo sanno bene anche i nostri amici di Drei Magier, produttori di bellissimi giochi da tavolo. Qualche mese fa ci siamo comprati "La scala dei fantasmi", ci abbiamo giocato tante volte, ma purtroppo abbiamo rovinato una pedina/fantasma: sono di legno verniciato di bianco e, per come è strutturato il gioco, devono essere tutte assolutamente identiche e quindi indistinguibili. E' bastato andare sul loro sito per scoprire che sì, anche loro forniscono ricambi per i loro giochi: a giorni dovrebbero arrivare i nostri nuovi fanstasmini, da trattare con molta cura- questa volta.

Potere di Internet, certo, ma anche la volontà di non arrendersi di fronte a qualcosa che, davvero, bastava solo riparare, senza bisogno di ricomprare e buttare.
Ieri era la giornata per lo spreco alimentare, ma pensiamo anche a quante cose buttiamo via ogni giorno solo perché non ci servono più, si sono rotte o semplicemente ci hanno stancati: abbiamo in mano tantissimi strumenti che ci permettono in modo molto semplice di dare una seconda vita agli oggetti che diamo per persi.